Balenciaga a/i 2012
A costo di avere uno stage nel curriculum, si sa, si è disposti anche a lavorare gratis. Ma c’è persino chi, pur di entrare in un’azienda famosa, in settori competitivi, come la moda, è disposto a pagare, facendo un’offerta all’asta.
Due settimane fa sono stati battuti sul sito d’aste di beneficenza Charity Buzz cinque stage in grandi case di moda, tra cui ce n’era anche una italiana: Missoni, che ha aperto le porte della sua struttura newyorkese a un fortunato studente per un tirocinio di un mese. Gli stage, non retribuiti, sono stati venduti a colpi di offerte a tre zeri. Nel mese di ottobre, invece, è stato il settore marketing di Dior Beauty ad aprire un’asta (ed un sito apposito) per mettere in vendita uno stage mensile nella maison, battuto per 4.900 dollari. Per farsi le ossa sul campo non servono più solo studio e merito: è diventata anche una questione di soldi.
Non era la prima volta che uno stage viene messo all’asta. Negli ultimi anni, infatti, è cresciuta la tendenza – tra chi se lo può permettere – di “acquistare” tirocini ed esperienze lavorative in contesti aziendali prestigiosi, battuti al miglior offerente a scopo benefico. E i brand italiani non si tirano indietro.
La moda e l’editoria sono i settori che attraggono di più. Prima di Missoni, infatti, era stata già Donatella Versace a offrire nel maggio 2010 uno stage al miglior offerente: il fortunato si vide catapultare per ben sei mesi nell’ufficio Versace di New York. Ovviamente dopo averne pagato il prezzo, con un’offerta a tre zeri. Come rimborso spese, una maglia autografata, una bottiglia di profumo e la possibilità di assistere ai fashion show Versace di stagione. Meno cari i designer inglesi: una settimana negli uffici londinesi di Anya Hindmarch è costata “solo” 2.600 sterline.
L’editoria è un altro settore ambito. Nel 2007 la rivista maschile GQ, edita da Condé Nast, in occasione del suo cinquantesimo anniversario ha pensato di mettere all’asta su Ebay uno stage nel settore marketing di 40 ore (nel periodo estivo): ha ricevuto 85 offerte, delle quali l’ha spuntata un aspirante stagista che ha messo sul banco 30.200 dollari. Restando in casa Condé Nast, l’idea è poi piaciuta anche alla direttrice di Vogue America, il “diavolo” Anna Wintour, la quale nell’aprile 2010 ha messo all’asta, sempre a scopo benefico, una settimana di lavoro nella sua redazione. Sette giorni di internship nella rivista patinata sono andati via per 42.500 dollari. Da Vogue Italia, invece, in quei giorni scrissero che “mai vi chiederemo soldi per entrare qui”: quindi, almeno per la redazione di Milano, il posto non è in vendita.
Nel mondo anglosassone, infine, oltre alle aste online ci sono i balli di gala dove poter far sfoggio della propria filantropia e procacciarsi un’esperienza in aziende altisonanti. Nel febbraio 2011 la stampa inglese raccontava infatti come durante il “Black and White Party”, un gala organizzato dai Tories, cioè dai conservatori di David Cameron, sia stata tenuta un’asta i cui lotti consistevano in ambite posizioni in aziende di ogni genere: dallo stage nel luxury brand di Amanda Wakeley, a due settimane nel Tatler Magazine, senza tralasciare l’opportunità di una settimana negli uffici della banca Arbuthnot Latham. La storia era avvenuta anche l’anno precedente quando, in occasione dell’Oxford Red Dress Ball, nel giugno 2010, erano stati battuti all’asta internship nel dipartimento “public relation” del fashion brand Escada. Torniamo alla moda, dunque, che sembra essere il settore per cui si è maggiormente disposti a sborsare per accaparrarsi quell’esperienza “foot in the door”, cioè che permetta letteralmente di mettere un piede dentro la realtà lavorativa agognata.
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